lunedì 28 ottobre 2019

Recensione "Breve storia dell'alchimia" edito Graphofeel

C'è stato un periodo durante gli anni del liceo, seppur breve, in cui la mia idea per il mio futuro era quella di studiare chimica all'università.
Per fortuna l'ho abbandonata presto, perchè non sarebbe stata la scelta giusta, non sarebbe stata la facoltà adatta a me, e quindi ho virato su una scelta umanistica. 

Ricordo però perfettamente la magia della lezione che fece scattare in me quella voglia.

Era una delle prime vere e proprie lezioni di chimica, noi, sedicenni senza la minima idea di quel che volevamo, non ne sapevamo molto. Così, la professoressa, ha deciso di partire in modo molto leggero. Una lezione introduttiva, sviando un po' dal programma, per farci comprendere che c'era del bello in quella materia che ci trovavamo costretti a studiare.

Una domanda. Lei alla cattedra, noi ai banchi.

"Ma voi sapete cos'è l'alchimia?"

Silenzio. Ci aveva ammutoliti.
Poi però ha iniziato a parlare, conquistandoci.

Alchimia : "Arte, nata in Egitto nel I secolo d.C. che si proponeva la manipolazione e trasformazione dei metalli e in particolare la loro possibile tramutazione in oro o in rimedi per il prolungamento della vita" (fonte Vocabolario Treccani).

Dall'alchimia, poi, derivò la chimica. 
Ma prima bisogna compiere un viaggio. 

E' il percorso che Stefano Valente, glottologo e lusitanista, studioso di lingue e letterature ibero-romanze compie nel suo libro, "Breve storia dell'alchimia", edito da Graphofeel e pubblicato a Maggio 2019. 


Per acquistarlo e avere più informazioni potete CLICCARE QUI.

Il saggio, composto da 112 pagine e il cui prezzo di copertina è €17.00, racconta la storia dell'alchimia passando per tutte le sue fasi -dall'Egitto all'alchimia nella psicologia di Jung, passando per Flamel, per Paracelso e l'uso dell'alchimia in medicina, poi ancora per i Medici di Firenze, per Newton, per Cristina di Svezia, una "regina alchemica"- facendo viaggiare il lettore con la mente. 

"Dèi, simboli, rituali. Icone, geroglifici,visioni. E negromanti, medici, chimici, astrologi, fisiognomici. Cialtroni, profeti e nuovi messia. Eruditi e avventurieri. Sovrani assillati dalla ricerca della verità e collezionisti d’ogni sorta di stramberia. Sacerdoti ed eretici, filosofi e santoni, sette occulte. E biblioteche, pagine enigmatiche, predizioni, falsi oracoli; laboratorî, antri sotterranei, alambicchi e fornelli. L’alchimia analizzata e narrata come un racconto di interconnessioni e concatenazioni, trovando nessi impliciti ed espliciti tra contesti storici, sociali e culturali apparentemente diversi. Un saggio che unisce sintesi e rigore scientifico, corredato di belle illustrazioni a colori."

E' infatti molto coinvolgente la lettura.
Storie personali intrecciate a storie scientifiche.
Immagini, note, specificazioni che aiutano il lettore ad entrare a 360° nel testo. 

Un libro pieno di incanto, di misteso, sin dalla prima pagina, quando vengono presentate le quattro fasi dell'alchimia.
Nigredo : stadio di dissoluzione, morte e putrefazione della materia.
Albedo : sublimazione e purificazione mediante calcinazione.
Citrinitas : combustione.
Rubedo : la materia si ricompone mediante fissazione.

Termini scientifici, alcuni. Che i miei studi scientifici liceali mi hanno aiutato a comprendere. Ma il libro sa andare oltre. Sa essere un libro adatto a chiunque. 
A chi ha conoscenze nel campo.
A chi ne è appassionato.
Ma anche a chi, semplicemente, ha voglia di un cammino magico, di avventurarsi in qualcosa di affascinante.
Come che, all'apertura del libro, un incantesimo ci facesse vedere tutto con un occhio diverso.
Perchè sono sicura che dopo questo itinerario nella storia di questa affascinante disciplina, sin dalle sue origini, in ogni campo che tocca, tutti noi siamo in grado di scorgere un po' di magia, o, perchè no, stregoneria, anche intorno a noi.

mercoledì 9 ottobre 2019

Rece-Film "Yesterday", 2019

Cari lettori,
mi approccio oggi a fare una cosa molto insolita per me.
Ma ne sento la necessità.
Non sono solita recensire e/o parlarvi di film, specialmente perché non mi piace più di tanto andare al cinema e lo faccio davvero raramente.

Ieri sera, e sospirando dico purtroppo, sono andata a vedere "Yesterday" ed ho deciso di parlarvene perché sono uscita dal cinema veramente delusa ed arrabbiata.





TITOLO: Yesterday
REGIA: Danny Boyle
USCITA AL CINEMA: Settembre 2019
DURATA: 116 minuti 
GENERE: Commedia, fantastico, musicale
ATTORI PRINCIPALI: Himesh Patel, Lily James, Ed Sheeran, Joel Fry, Kate McKinnon

Premetto che le poche volte che vado al cinema scelgo il film di pancia, senza leggere la trama o guardare il trailer.
Di solito a guidarmi sono una pubblicità vista su un social o sentita per radio, la presenza di un attore che mi piace particolarmente o un argomento che così a primo impatto mi ispira.
E quindi, da fan dei Beatles, non potevo non andare a vedere questo film.
Prima che la visione iniziasse ero a conoscenza di due cose.
1- Nel cast era presente Ed Sheeran nel ruolo di Ed Sheeran (e su questo punto ci tornerei dopo)
2- La storia parlava di un giovane musicista, Jack, che una mattina si sveglia in un mondo in cui nessuno conosce i Beatles e lui diventa famoso cantando le loro canzoni.
Partendo dal secondo punto, vi spiego un po' la trama. La storia inizia appunto con Jack, un normalissimo ragazzo inglese che lavora in un supermercato, che ha la passione della musica. Suona in qualche locale, ma niente di più. Non riesce a sfondare. Una sera, mentre in bicicletta sta tornando a casa dopo l'ennesima serata andata male, ci sono 12 secondi di blackout mondiale, e durante questo intervallo di tempo viene investito da un autobus. Portato in ospedale, si sveglierà in un mondo in cui nessuno conosce i Beatles, la Coca Cola, le sigarette...e già qui qualcosa comincia a cedere. Non c'è un filo logico tra le cose dimenticate. Sono elementi casuali che vengono fuori man mano che la storia va avanti da situazioni completamente scollegate tra loro. Inoltre (e questa è la cosa bella, non rischio di svelare un ipotetico finale) non si dà una spiegazione al perché tutti si siano dimenticati qualcosa, al cosa sia successo in quei 12 secondi nel mondo. Questo buco si fa ancora più largo e profondo perché, mio umile pensiero, se fosse solo lui a ricordarsele si potrebbe pensare che stia vivendo una sorta di storia parallela, un sogno (che pur andrebbe contestualizzato!!), ma in un certo punto del film si scopre che anche altre due persone ricordano le canzoni dei Beatles. Anche questo elemento però, ahimè, non viene messo in luce in modo adeguato e la scena muore sul nascere.
Non esiste un vero e proprio finale. C'è una sequenza di avvenimenti decisamente prevedibili (ma questo non sarebbe un problema, la maggior parte dei film hanno dei tipi di rapporti e comportamenti stereotipati che si sa che andranno a finire in un certo modo...). È come che la storia iniziasse, si aprisse, continuasse e poi finisse lasciando puntini di sospensione alla fine per sapere le risposte al "E dopo?" "E quindi?" e con enormi buchi in mezzo, con l'assenza delle risposte ai "Perché è successo questo?" "Come è successo?" "Da dove deriva ciò?". 

I personaggi non vengono presentati in modo completo. Sappiamo qualcosa dalle vicende del presente e sappiamo qualcosa in più (molto poco) da flashback del passato.

I dialoghi e il doppiaggio credo siano il tasto più dolente. E ciò mi ha stupito perché conosco altri lavori dei doppiatori che hanno lavorato al film (Benedetta Degli Innocenti, la doppiatrice di Ellie, la migliore amica di Jack nel film, è la doppiatrice di Megan Montaner, Manuel Meli, il doppiatore di Ed Sheeran, è il doppiatore di KJ Apa in Riverdale), ma la leggerezza, la stranezza e la poca cura nei dialoghi e nelle situazioni hanno fatto si che anche il doppiaggio risultasse piatto, senza enfasi, con lo stesso tono quasi in ogni scena, che fosse allegra, triste, arrabbiata, delusa. Ciò era in contrasto con le espressioni degli attori, che invece mi sono piaciuti abbastanza. 

Ora passiamo al punto 2, Ed Sheeran. Apparizione del personaggio del tutto casuale, non credibile e leggermente fuori luogo per l'assurdità della situazione. Dialoghi e battute del personaggio che, a mio parere, erano in netto contrasto da Ed Sheeran artista (e per questo vorrei veramente vedere il film in lingua originale per capire se il problema sta all'origine del dialogo o nella traduzione italiana. 

Cosa si salva del film? 
Le canzoni, la musica (che comunque, specifico, non è tanta, per nulla). 

E l'idea. E questo è il motivo per cui sono uscita veramente amareggiata. L'idea di base, il mondo che si dimentica dei Beatles tranne il protagonista, sarebbe stata bellissima. Si sarebbe potuta creare una base solida come trama. Senza che fosse reale, insomma non può succede che tutto il mondo si scordi di un pezzo di storia della musica, ma almeno dare un motivo a ciò. Da qui si sarebbe potuta sviluppare una storia interessante, commovente, fatta di sogni di un giovane musicista con tanta voglia di fare dei propri sogni il lavoro di una vita, e al tempo stesso creare un gran tributo a una band che è storia. 

Morale della favola. Sono uscita dal cinema dicendo alla mia amica "La prossima volta il film lo scegli tu!" 

Voto 2.0 / 5.0 

lunedì 7 ottobre 2019

Recensione "Radio Caroline" di P.D. Zavaglia, Graphofeel.

Siamo negli anni '60, in Inghilterra.
Quando e dove inizia ad emergere una musica che diventerà indimenticabile, parte della storia mondiale. 
I Beatles cantano Yesterday, Eleanor Rigby, Yellow Submarine,...
I Rolling Stones cantano Satisfaction, Paint It Black,...
C'è però un elemento che fa parte del nostro quotidiano, che ai tempi non era così libero di esprimersi e di far passare la musica del momento, quella che impazzava tra i giovani. 
Erano le radio. 
Dopo la fine della guerra si stava vivendo un aumento di livello del settore economico. 
Nuove mode si stavano diffondendo, e con queste anche un nuovo genere di musica, il rock. 
Erano presenti però poche frequenze e a dominare la scena era la BBC, che però aveva limitazioni. 
Doveva, infatti, attenersi a un tempo prefissato in cui poter trasmettere musica, e poteva trasmettere, in ogni caso, solo quella di alcune major discografiche con cui aveva accordi. 
E' così che, da alcuni giovani, nasce un nuovo progetto. 
Lo sviluppo di radio "pirate" in cui poter trasmettere la "loro" musica. 
Quella musica di ragazzetti fino ad allora quasi sconosciuti.
Quella musica prodotta da case discografiche minori che probabilmente non potevano permettersi, o comunque non avevano il privilegio di poter passare sulla radio della BBC. 
Quella musica che, in poco tempo, divenne conosciuta a livello mondiale.
Che si è ballata in ogni festa organizzata da tutti i giovani degli anni '60 e '70. 
Quella musica che, ancora oggi, è iconica. E che probabilmente lo sarà sempre. 

Beatles, Yellow Submarine,1966


Rolling Stones, Satisfaction, 1965

Fu così che Ronan O'Rahilly, ragazzo irlandese di allora 24 anni, spinto dalla voglia di differenziarsi dalla tradizione e di stare al passo coi tempi decise di prendere una vecchia barca, ristrutturarla e trasformarla in una stazione radio. 
La domenica di Pasqua del 1964 ci fu la prima trasmissione mandata in onda su Radio Caroline 199. 



Dopo di che non fu tutto liscio e facile.
Lo Stato non fece passare la nascita di questa e di tante altre radio come niente fosse, e Radio Caroline, per essere riconosciuta ci mise veramente molto tempo. 

"Radio Caroline" di Pietro Domenico Zavaglia è un perfetto docu-libro sull'argomento. 
Lettura semplice ma dettagliata. 
Racconta i fatti con una precisione assoluta.
Linguaggio colloquiale, precisazioni e modo di esprimersi dell'autore che invoglia il lettore a proseguire.
Il tutto accompagnato da numerose e bellissime foto che fanno immergere il lettore nella storia. 
La  presenza di aneddoti rende il tutto più simpatico e più vicino a noi. 


Geniale l'argomento. 
Parte della storia non solo inglese ma mondiale, ma purtroppo, almeno per la mia esperienza, emarginato e silenziato. 
Una lettura sorprendente, fresca, nuova, coinvolgente. 
Una lettura anche un po' "magica", perchè venire a contatto con la forza di volontà di questo gruppo di giovavi che ha "lottato" a suo modo per i propri diritti, per i propri gusti, per le mode e le tendenze di una generazione (o forse più), stringe un po' il cuore. 
Lettura consigliata veramente a tutti.
Giovani, e meno giovani.
Esperti del settore e no.

Un excursus della storia della musica radiofonica, importante per tutti. 
Perchè se oggi il panorama radiofonico è così vasto, forse, lo dobbiamo anche a lui.


mercoledì 2 ottobre 2019

Recensione "Anche noi l'America" di C. Henriquez, NNEditore.

                                  Migranti. 
                                                                                                              Barconi.
                                                                            Scafisti. 
                                                                                                                                               Porti.
                                                                        Centri di accoglienza.
                                           Mare.
          Attracco.
                                                                                                                                                         Sbarchi.
                                                               Clandestini.

Parole. Buttate qua e là, in qualsiasi discorso che negli ultimi mesi si fa in Italia. 
Come che, l'Italia, fosse il primo ed unico posto in cui sono avvenute migrazioni. 
Come che milioni di italiani non siano andati in America, così come negli altri stati europei, prima della seconda guerra mondiale per cercare lavoro, fortuna, serenità. 
Per cercare un tetto per i loro figli, uno stipendio per sfamare una famiglia, una vita dignitosa.
Come che tutti gli immigrati si facessero mantenere senza fare nulla. 
Come che nessuno si rimboccasse le maniche e facesse del proprio meglio sotto tutti gli aspetti.

Così come fanno i coniugi Rivera, Alma e Arturo, nel libro "Anche noi l'America" di Cristina Henriquez. Pubblicato nel 2016 da NNEditore, ristampato nel 2019, nel periodo forse più perfetto per leggere questo libro. 
Alma e Arturo, originari del Messico abbandonano la loro vita, la loro casa, il loro lavoro, la loro stabilità per trasferirsi in America. Spendono gran parte, se non tutti, i loro soldi per trasferirsi regolarmente, per iniziare una nuova vita. Non per voglia di cambiare, non per voglia di fare un viaggio, non perchè stiano lasciando qualcosa per un qualcosa di migliore. Ma perchè la loro unica figlia, adolescente, ha avuto un incidente. Un trauma cerebrale l'ha resa una persona diversa da quella che era. Parla poco, non risponde, si dimentica le cose, e così è costretta a girare con un quadernino verde in cui annota le cose importanti che potrebbero servirle. Maribel, questo il nome della ragazza, necessita di particolari attenzioni, una scuola adeguata, un percorso riabilitativo che la aiuti a tornare a ciò che è sempre stata. 
Partono, quindi. Arrivano in una nuova casa, in cui l'unico letto è un materasso buttato a terra. In una nuova città, in cui i supermercati vendono cose diverse, prezzi diversi. In un nuovo stato, in cui si parla inglese e non la loro lingua.
Hanno anche dei nuovi vicini, che accompagnano nella narrazione la famiglia Rivera. Sono i Toro, un'altra famiglia immigrata già anni prima e con un figlio della stessa età di Maribel, Mayor. Il ragazzo si innamora a prima vista di Maribel, che anche dopo l'incidente ha mantenuto la sua strabiliante bellezza. 



Attraverso un percorso narrativo a più mani, che tocca i punti di vista di tutti i protagonisti esclusa Maribel, veniamo a conoscenza della vita che questi immigrati latini fanno in America. Conosciamo come si sono o non sono integrati, che cosa fanno nel loro quotidiano, cosa sognano, cosa provano, cosa pensano. 
Conosciamo l'immensa forza di volontà che essi mettono in ciò che fanno. 
Perchè ci credono. 
Perchè hanno bisogno di ciò per cui stanno lottando. 
Perchè sanno mettere da parte tutto, a volte anche la dignità di essere umano, quando le necessità della famiglia sono più importanti. 
Con una dolcezza disarmante la Henriquez ci racconta tutto questo. 
In un libro con un linguaggio diretto, pacifico, comprensivo. 
Attraverso una storia coinvolgente, toccante. 
Una storia che può essere la storia di milioni di persone. 
Una storia che dovremmo sentire anche un po' nostra.
Per ogni volta che critichiamo senza sapere.
Per ogni volta che parliamo senza conoscere.
Per ogni volta che consideriamo il mondo diviso in paesi e non abitato tutto da esseri umani. 

Orgoglio, forza di volontà, voglia di farcela, riscatto, coraggio. 
Elementi che emergono in ogni pagina da ogni personaggio che ci racconta la propria storia. Dalle origini, al presente, passando per i motivi e le avventure che lo hanno portato ad essere ciò che è.