Quando ho ricevuto questo libro dalla Bompiani (che ringrazio ancora per la copia) ho pubblicato un post su Instagram e ho esordito con "Non potevo chiedere compagnia più bella di questa qui per il weekend appena iniziato. [...] E così passerò un venerdì sera, un sabato ed una domenica in sua compagnia." convinta che, nonostante il libro abbia un bel numero di pagine (ben 592!!!), in 3 giorni in cui mi sarei dedicata quasi esclusivamente alla lettura, lo avrei finito.
Sapete cosa dico oggi?
CHE ILLUSA!!!!
Ma partiamo da capo....
Sono una persona molto istintiva per quanto riguarda i libri. Leggo poco le trame, una volta che ho inquadrato il genere e a grandi linee il tema trattato mi butto subito. E di rado sbaglio...
Per cui, nel momento in cui ho letto di questo libro nelle proposte editoriali Bompiani, non ho esitato a volerlo leggere e recensire.
Così, poco dopo, mi sono trovata con questo mattoncino tra le mani e con le prime circa 100 pagine super scorrevoli, lette in un pomeriggio e una serata (a lume di candela, perchè ero senza corrente in casa, ma questa è un'altra storia).
Vi lascio qui sotto copertina, sinossi e dati vari, poi vi spiego cosa è accaduto!
"Noi" di Paolo Di Stefano, è un libro pubblicato da Bompiani (QUI trovate la pagina della casa editrice) a Maggio 2020. Copertina flessibile con sovraccopertina (meravigliosa, ma che ve lo dico a fare, la vedete e parla da sola nella sua semplicità!), il prezzo è di €22.00 per, come vi ho detto, 592 pagine.
"Lo scherzo tormentoso inflitto a un fratellino minore, un frutto mangiato insieme al nonno sotto un albero di mandorle, l'intercalare di un padre "picciotti miei!"; ma soprattutto un giorno dell'aprile 1967 in cui piove, Patty Pravo compie diciannove anni, a San Siro Burgnich segna il secondo gol contro il Bologna e un bimbo di cinque anni muore per una malattia che di lì a pochi mesi diventerà curabile. Ci sono nella vita infiniti momenti che scorrono senza che ne conserviamo memoria, e altri invece destinati a imprimersi nella mente in modo così vivido da renderli misteriosamente compresenti a ogni istante che verrà. Paolo Di Stefano -il fratello maggiore, il figlio condannato a vivere e ricordare- trova in queste pagine le parole per ciascun ricordo e insieme colma lacune, cerca ragioni, inscrive la storia di una famiglia nella Storia che ci coinvolge tutti."
Come vi dicevo, le prime 100 pagine sono volate, le ho divorate cercando di apprendere il più possibile da ciò che leggevo. Non tanto della storia familiare, di cui c'è tanto, ma che rimane pur sempre una storia familiare -dialoghi, parentele, affetti- che non appartengono a nessuno, a parte il protagonista. Ma piuttosto da come questa storia familiare viene raccontata, il contesto in cui è inserita, in cui ci viene presentata, narrata.
Un contesto così ricco che mi sono dovuta fermare molte volte durante la lettura perchè per ogni cosa che capivo o apprendevo ce n'erano altre, che derivavano da questa e che a primo impatto non capivo, per cui dovevo tornare indietro, rileggere passaggi, fare collegamenti nella mia mente, fare ricerche.
Per esempio, narrando le vicende dei nonni e degli anni dell'infanzia dei propri genitori si parla di guerra e di cosa succedeva, ai tempi di guerra, in Sicilia, sua terra di origine. Raccontando ciò viene raccontato di un dialogo avvenuto con una vicina di casa, Venerina. Con molta tenerezza, la donna, racconta di quando, insieme alla sua famiglia, sia dovuta scappare da casa per evitare i bombardamenti. Racconta di come suo padre non abbia contraddetto l'idea di caricare sul carretto anche la macchina da cucire, la Singer e di come "gli uomini coi paracaduti" almeno avessero fatto loro il "regalo" di lasciare lì i paracaduti con cui scendevano con cui, poi, sono stati cuciti vestiti per molti anni.
Questo passaggio, di una dolcezza disarmante (caratteristica che contraddistingue ogni pagine ed ogni racconto), mi ha portato a molte domande.
Perchè scendevano coi paracadute?
Come veniva deciso cosa portare e cosa lasciare?
Con quale animo lasciavano casa e tutto ciò che gli apparteneva?
Con quali speranze?
Per cui, attraverso lo scorrere della pagine troviamo sempre più dati, sempre più scoperte che, a un certo punto le pagine hanno smesso di essere scorrevoli e mi sono dovuta fermare, assimilare, aspettare.
Questa saturità di storia è perfettamente intervallata da momenti di dolcezza, ricordi personali (quello che mi è rimasto personalmente più impresso è legato al mondiale 1982, quando racconta che i genitori, raggiunta la nazionale italiana di ritorno dopo la finale, alla vista di Zoff, il portiere hanno iniziato a saltare così forte in un momento di felicità costato alla madre dolori per giorni), ma soprattutto la presenza continua e quasi ossessiva del fratello Claudio, morto quando erano solo bambini. Il protagonista sente la voce del bambino, un monologo che accompagna ogni racconto del testo, e che ci mostra i suoi pensieri -sulla morte, sul dopo, sulla famiglia- e i suoi ricordi -Brontolo ovvero il peluche preferito, Elisa ovvero una bambina che è sempre con lui ma che, precisamente, non si sa chi sia-.
Potrei parlarne per ore perchè, come vi ho detto, è talmente ricco che i fogli che mi sono messa accanto durante la lettura sono pieni di appunti e di note.
Ma è giusto che a scoprire tutto il resto siate voi, attraverso le pagine.
Con il vostro ritmo, i vostri tempi, le vostre domande.
La vostra voglia di conoscenza perchè dovete saperlo, se vi aspettate un normale libro di narrativa siete sulla strada sbagliata.
"Noi" è molto di più.
Armatevi di pazienza, di passione, di calma, di sete di cose nuove, di pensieri, opinioni, idee, voglia di sorprendervi e di mettere in discussione la vostra visione delle cose.
Siate pronti a tutto ciò, e "Noi" sarà un viaggio stupendo da cui uscirete molto più ricchi e con un bagaglio culturale molto più ampio.
Ma prima, vi dico una cosa, assicuratevi che sia il momento giusto per un viaggio così grande, perchè solo così saprete godervelo e comprenderlo a pieno (io non ero pronta a ciò, so che nella lettura ho tralasciato molto e so che, prima o poi, dovrò tornarci sopra).
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