La scuola, quando usata ed organizzata bene, è, a mio parere, uno degli ambienti più ricchi e prolifici che possa esistere. Ciò che esce dalle menti di bambini ed adolescenti è puro. I loro pensieri sono molto spesso puliti, neutri, senza condizionamenti sociali, senza interpretazioni mediate da giornalisti, televisione, persone che vogliono imporre le loro idee e il loro pensiero.
E' questa l'età, secondo me, su cui bisognerebbe insistere con una didattica giusta, con professori che credono in loro e che hanno le competenze per trasmettere non solo il sapere, ma la passione, l'amore, l'ardore che può essere presente in una disciplina.
Tutto ciò mi è arrivato nello scoprire il progetto di "Nel mio Paese c'era la guerra. La migrazione umana tra realtà e immaginazione", edito da Graphofeel nell'aprile 2017, di cui potete trovare tutte le informazioni cliccando QUI ed accedendo al sito della casa editrice.
A cura di Dario Amadei ed Elena Sbaraglia, il testo è composto da sette racconti, che narrano tre fasi principali del fenomeno della migrazione:
- l'insieme dei motivi della partenza; perchè gruppi di persone sono alla disperata ricerca di un modo per lasciare il loro paese di nascita, le loro origini, la loro terra?
- il viaggio, il percorso, spesso difficile e pericoloso, che sono costretti ad affrontare per poter proseguire la ricerca di un posto nuovo.
- l'accoglienza, le modalità di arrivo in un paese nuovo, con una nuova lingua, una nuova cultura, persone apparentemente diverse con cui vivere; una nuova vita fatta di sogni e di speranze.
Racconti che parlano di ragazzi, che hanno visto troppo presto situazioni che nessuno e a maggior ragione un bambino dovrebbe vivere.
"In lontananza, lo sparo di un fucile risuonò come un enorme tronco di legno che si spezzava. Khalid, un ragazzo come tanti, saltò sulla sedia in ascolto. Era un suono frequente in quei giorni, ma non riusciva in alcun modo ad abituarsi. Poi ci fu il boato di un'esplosione e i vetri tremarono come se fossero sul punto di frantumarsi."
Storie di bambini pensate, immaginate e raccontate da altri bambini, quelli che hanno lavorato a questo libro.
Nelle parole che mi sono trovata a leggere ho trovato tanti sentimenti, prima tra tutti l'innocenza di ragazzi che non vedono le diversità. Parlano di bambini, di ragazzi, analizzando semplicemente le loro condizioni di vita, i loro pensieri, le loro emozioni. Raccontano tutte le vicende come che fossero viste coi loro occhi, immedesimandosi in quelle situazioni difficili e dolorose che hanno studiato prima di affrontare questo progetto.
E' stata una lettura ricca, appassionante, piacevole, riflessiva.
Molto interessanti i contenuti, capaci di far riflettere molto chi legge. Una riflessione introspettiva, perchè il modo semplice e diretto in cui tutto è narrato porta il lettore a proiettare idealmente sè stesso nelle situazioni che si trovano tra le pagine. Lo porta a chiedersi "Cosa avrei pensato a vivere ciò?" "Come avrei affrontato tutto questo?". Domande troppo grandi, domande a cui non si può trovare una risposta, domande che sembrano così lontane da noi ed invece riguardano, probabilmente persone che sono molto vicine alla nostra vita e con cui abbiamo rapporti di lavoro, di studio, di amicizia..
Ciò che, però, ho trovato ancora più interessante, è il lavoro che ha portato alla realizzazione del libro. Il lavoro di insegnanti, studenti, ed editore. Un team che ha creduto fortemente in un progetto forse inizialmente in un certo senso rischioso, ma che, a parere mio, ha davvero regalato tanto ed è riuscito nel migliore dei modi.
A chi lo consiglio?
A chiunque.
Ma se penso alla situazione ideale probabilmente penso ai genitori che vogliono affrontare assieme ai figli il tema della migrazione. Storie semplici ma efficaci, il libro perfetto per questo obiettivo.