In questo periodo, e purtroppo ancora di più in questi giorni, si sente tanto parlare di femminismo per qualche brutto episodio successo.
Ho quindi deciso di parlarvi proprio ora di questo testo, che non parla di femminismo come è oggi inteso, ma ne porta al suo interno varie sfumature e, cosa forse più strana, risale a circa un secolo fa.
Sto parlando di "Cléo robes et manteaux" di Guido Da Verona, pubblicato nel 2015 da Graphofeel.
Cléo narra dell'amore che un nobile prova per una ragazza, narrato in prima persona.
Il racconto si apre proprio con la confessione di questo sentimento attraverso la narrazione del giorno in cui ha conosciuto Cléo, in una sala da the.
"Era un'amica della mia amica Margot, di cui ero innamorato pazzo. Sembrerebbe, a lume di grammatica, che innamorato pazzo dovesse riferirsi a Margot. Ma la sintassi è una regola del bello scrivere che certo hanno inventato apposta per creare confusione di pensieri. Ad ogni modo la sintassi è un conto, l'amore un altro, ed io non ero innamorato affatto di Margot."
Perchè prima parlavo di femminismo? E in che senso è inteso il femminismo?
Scorrendo col racconto, scopriamo che l'uomo, il nostro narratore interno, riuscirà ad avere un rapporto con Cléo, ma a quali condizioni?
La donna, incarnante un modello avanti per il tempo in cui è stato scritto (gli anni '20 del '900), vuole pagare lui ogni notte che passano insieme, e non solo.
Lei sceglie. Lei sa cosa vuole.
Cléo sa che vuole lui, sa che l'uomo la può soddisfare, pur non provando sentimenti nei suoi confronti.
Non vuole una storia d'amore, non vuole galanterie, non vuole essere portata fuori a cena.
Vuole soddisfare il proprio piacere pagando l'uomo che, così, si trova in una situazione scomoda.
Come veniva visto un uomo che si faceva riaccompagnare a casa invece che riaccompagnare la donna?
Come veniva visto un uomo che si faceva offrire la cena invece che offrirla ad una donna?
Anche adesso, nel 2020, erroneamente sono cose che possono essere viste di cattivo occhio.
La prassi vuole che sia l'uomo a fare determinate azioni, perchè la tradizione ha posto certi stereotipi.
Stereotipi che, cento anni fa, dovevano essere ancora più robusti e che Guido Da Verona, con il suo femminismo inteso non come superiorità della donna ma come porre i sessi sullo stesso piano, dare la possibilità alla donna di compiere gesti che normalmente sono considerati normali se compiuti da un uomo, rompe.
Ci troviamo così davanti ad un testo breve e apparentemente semplice e scorrevole.
Il linguaggio è pungente ed accattivante, ironico quanto basta per far sorridere il lettore e farlo entrare a pieno nell'atmosfera di una società diversa dalla nostra.
Mai banale, mai scontato, mai lasciato correre.
L'autore ha sempre in pugno tutto ciò che succede, ce lo mostra, ce lo fa vivere con massima sicurezza e consapevolezza.
E, attraverso questa narrazione che tiene il lettore attaccato alle pagine, leggendo tra le righe è possibile scoprire (ed essere stupefatti) da certe teorie che, un secolo fa, erano veramente all'avanguardia (e che, in un certo senso, lo sarebbero anche scritte oggi).
Il testo è un breve romanzo di 182 pagine, che potete trovare, sia in formato cartaceo che digitale, sul sito della casa editrice cliccando QUI.
Un testo molto (e sempre attuale) che consiglio di leggere. E soprattutto di interpretare criticamente, leggendo tra le righe!
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